BURATTINI
di FABIO VOLINO

 

Ospedale di Sun City.

Come se la scena si svolgesse al rallentatore. “Il mio compito non è ancora finito. Dunque ora hai di fronte a te il nuovo e più efficace Agente Speciale Pratt”.
L’imponente uomo sta per estrarre la sua pistola e Hector Ayala pensa che per lui sia giunta la fine. Prova una profonda stanchezza dopo la sua strenua battaglia contro il demone D’Spayre e, anche se riuscisse a scendere dal letto, come potrebbe difendersi da un uomo forte ed allenato? Tuttavia, quando vede Pratt che si appresta a premere il grilletto, è il suo istinto di sopravvivenza a prendere il sopravvento. Il proiettile parte, ma Hector è riuscito a calarsi giù dal letto e dunque colpisce la porzione di muro che si trovava alle sue spalle.
L’impatto col suolo decisamente non contribuisce ad alleviare il dolore dell’eroe, alimentato dal fatto che non vede più la sua gemma al collo ed il sangue dei poliziotti uccisi da Pratt bagna il suo camice. Sente dei passi avanzare verso di lui: Pratt gli si piazza davanti e gli punta nuovamente contro la pistola.
“Testardo fino alla fine, eh, Ayala?”.
Un colpo parte, ma non dalla pistola di Pratt, che rimane ferito ad una spalla. Si volta e vede un agente di polizia.
“Abbassa la pistola e metti le mani bene in vista!” ordina costui.
“Sono un agente federale: quest’uomo è ricercato” ribatte Pratt.
“Ne parleremo con più calma quando avrai abbassato la tua arma e mi avrai fatto vedere il distintivo”.
Nel lampo che passa negli occhi di Pratt, Hector capisce che sta per uccidere anche questo poliziotto. Dunque, con forze radunate chissà dove, sferra il calcio più potente che può all’inguine dell’agente, poi si alza e carica con quanta più energia possibile contro la sua spalla ferita. Infine Hector e Pratt crollano al suolo, quasi contemporaneamente, con quest’ultimo che dopo aver perso la presa sulla sua pistola inizia ad avvertire il dolore alle parti basse e pone le sue mani sulla zona sofferente.
“Fermo, fermati tu!” intima il poliziotto a Hector.
Ma lui non gli presta ascolto: come un serpente, striscia, striscia, fino ad arrivare davanti ad un comodino. Lì dentro avverte la presenza della gemma, l’unica cosa che può salvarlo. Forse però è già troppo tardi. Pratt si rialza e a testa bassa si fionda contro il petto del poliziotto, il quale viene addirittura sbalzato fuori dalla stanza. Poi, gli occhi iniettati di sangue, volge la sua attenzione verso Hector. Compie un balzo in avanti e questo segna la sua rovina: forse perchè guidato dalla rabbia Pratt non si premura di difendersi e si presta ad un facile attacco. Ed il suo antagonista sa bene dove colpire.
Con un altro scatto di forza, Hector Ayala colpisce nuovamente all’inguine Pratt. Stavolta il dolore è immediato e l’agente si piega all’indietro. Hector, come se fosse un insetto, sale sul comodino fino a giungere al cassetto che gli interessa. Lo apre ed afferra la gemma: sta per indossarla quando Pratt con un urlo inumano lo sorprende da dietro e lo abbranca al petto. L’agente prova ad afferrare la gemma, ma come lo fa un altro grido esce dalla sua bocca e si ritrae: sulla sua mano c’è ora una profonda bruciatura.
Finalmente Hector Ayala indossa la gemma e diventa la Tigre Bianca. Fa passare alcuni secondi per recuperare ulteriormente le forze, poi parte all’attacco. Pratt è impreparato di fronte alla sua furia: subisce calci e pugni in rapida quantità eppure solo pochi lividi compaiono sul suo volto. I due contendenti giungono infine davanti ad una finestra. Qui Pratt riesce ad abbrancare l’eroe e prova a scagliarlo contro il vetro: la Tigre Bianca però intuisce la sua manovra e, dopo essersi liberato dalla presa, cerca di fare altrettanto. Con buon successo.
Colpito da un calcio al volto, Pratt compie uno spettacolare volo all’indietro per andare ad impattare contro il vetro della finestra: sfortunatamente per lui non è in grado di resistere al suo peso e dunque viene sfondato. Un volo di due piani attende poi l’agente governativo, che però non urla mai ed accoglie il suo destino in silenzio.
La Tigre Bianca ansima per lo sforzo e per le ferite ancora recenti della battaglia contro D’Spayre. Si sforza poi di guardare in basso, per vedere Pratt riverso a terra ed avvolto in un lago di sangue. Il suo sangue. Lo stesso colore rosso presente alle sue spalle: in un ospedale, in un luogo dove vite vengono salvate, è appena avvenuta una strage. Una strage di cui ancora non comprende a pieno la motivazione: ha davvero senso continuare a scappare, per ritornare ad essere in balia di forze che non riesce a concepire?
Non provando nemmeno ad uscire dalla sua stanza, Hector scende a terra grazie ad una resistente grondaia ed atterra proprio di fronte a Pratt. Lo osserva per alcuni istanti e così diviene testimone di un fatto sconvolgente: l’uomo si rialza! Ed in quell’istante è la rabbia a prendere il sopravvento sull’eroe. “Dannazione, cosa ci vuole per tenerti morto?” grida.
E sferra un violento calcio al volto di Pratt, mandandolo ko. Infine fugge, lontano da questa follia, lontano da tutto quanto.

Rifugio di Mr. Blue.

Sull’orlo della follia è anche Philip Masters, il Burattinaio, anche se per motivi diversi. Più volte gli era stato detto di non giocare con quelle sue creazioni composte di creta radioattiva, ma lui non vi ha mai prestato ascolto. Perché lo facevano sentire superiore alla gente comune. Poi però ripensa alla faccia del Pensatore, a quelle volte in cui si è alleato con lui: e nei suoi occhi non leggeva affiatamento, piuttosto la compiacenza di sfruttare una ignara pedina. Non si è fatto prendere in giro anche troppo spesso? Non ha permesso troppe volte alle sue debolezze di guidarlo?
Eppure… adesso cosa può fare? Poco tempo fa era in un ospedale e gli era stato detto che giocare con la radioattività a volte può rivelarsi pericoloso: istantaneamente aveva pensato ad Alicia, la sua figlia adottiva, al fatto che l’avrebbe persa per sempre. Non provò a scappare, per quale destinazione poi? Disse chi era e si mise ad aspettare la polizia: arrivò qualcun altro, invece, un tizio in gessato nero ed occhiali neri che nascondevano uno sguardo di ghiaccio. Gli promise la salvezza ed era proprio quello che Philip Masters voleva, seguì quell’uomo senza nemmeno immaginare i traumi a cui sarebbe stato sottoposto.
Sfruttato, sempre e comunque sfruttato. “Basta” dice sottovoce il Burattinaio. Ora è veramente giunto il momento che sia lui a tirare i fili. I fili del suo destino. Dovrà ancora utilizzare la sua creta, ma stavolta è inevitabile. Perché Philip Masters sa cosa sia più frustrante per un supercriminale, vedere i propri piani svanire nel nulla. Così afferra la statuetta di Titania.

New York General Hospital.

Non va bene, non va affatto bene. Questo il pensiero ricorrente nella mente di Eli Wirtham. Titania di certo sopravviverà, ma la sorte del suo bambino è ancora incerta. Tra poco dovrà effettuare una delicatissima operazione, dalle scarse probabilità di successo, ma non per questo ha scelto di arrendersi. Perché Eli Wirtham lotta soprattutto per questo, per proteggere i più innocenti, le persone più deboli.
Dà le ultime disposizioni alle infermiere ed agli assistenti, poi va nella stanza dove si trova Mary MacPherran per dare un’ultima occhiata alla sua paziente. Ed in quel momento accade qualcosa di incredibile: la donna riapre gli occhi e si rialza. Prima che Eli possa reagire, lei lo ha preso per il camice: ma non ha cattive intenzioni, piuttosto… vuole la sua penna! Stupito e sconvolto, Wirtham rimane a guardare. Titania nota un taccuino sul comodino e lo prende, scrivendoci sopra qualcosa. Poi torna ad adagiarsi sul letto, gli occhi chiusi come prima, le funzioni vitali ridotte al minimo come prima.
Eli Wirtham finalmente si riprende e controlla pressione e ritmo cardiaco della criminale: tutto nella norma. Poi inevitabilmente la curiosità viene attirata da quanto Mary MacPherran ha scritto. C’è una sola parola: CITRUSVILLE. E le domande nella mente del chirurgo si affollano. In quel momento però nella stanza entrano un paio di inservienti, che portano in sala operatoria il letto dove è adagiata Titania. Eli Wirtham deve cancellare dalla sua mente tutte le domande e pensare solo al suo lavoro ora. Non è facile, ma non lo pagano per fare cose facili. Però, mentre varca la soglia della sala operatoria, non può fare a meno di pronunciare sottovoce la parola scritta da Mary MacPherran.

Sun City.

“Alla fine in Florida ci sono arrivato, anche se speravo in un’accoglienza migliore” è l’ironico pensiero di Hector Ayala mentre percorre le vie di questa piccola città. Deve andarsene al più presto da qui: quello che è successo all’ospedale sarà presto di dominio pubblico ed il suo volto comparirà su tutti i telegiornali. Non che cambiare città possa migliorare la sua situazione, peraltro. Però l’eroe coltiva anche una speranza, il poliziotto sopravvissuto racconterà una verità che finora era ignota a tutti.
Hector trova per sua fortuna un autobus poco affollato diretto a Miami, la città che Mr. Blue gli ha indicato come sua destinazione. Cerca di non incrociare gli sguardi di nessuno, non immaginando che ai vari passeggeri in questo momento importa solo di loro stessi. L’eroe si siede nei posti in fondo, che nessun altro va ad occupare: tira un sospiro di sollievo quando il mezzo parte. Dopo qualche minuto finalmente la tensione cala. Il viaggio è lungo, ma per Hector pare durare solo pochi secondi: forse in lui sta crescendo la paura per quando dovrà affrontare lo scontro finale, la resa dei conti con… ancora non sa bene chi.
Mentre scende dall’autobus e percorre le strade calde ed affollate di questa metropoli, l’eroe si preoccupa di tenere la testa bassa. Un brivido percorre la sua schiena quando, passando davanti ad un bar, vede su un televisore un telegiornale che parla di quanto accaduto all’ospedale di Sun City. C’è una foto di Hector a tutto schermo, presa sicuramente dall’annuario della Empire State University, e sotto una scritta che dice:”Strage in corsia”. L’eroe non riesce a capire cosa sta dicendo il cronista, ma sa che una immagine del genere non può voler dire buone notizie. Improvvisamente è come se avvertisse gli sguardi di tutte le persone puntate su di lui: non è affatto così, ma la paranoia può giocare brutti scherzi.
Hector riprende a camminare, a passo svelto, il capo ancora chino. Ad un certo punto però davanti a lui si para qualcuno: ne vede solo le gambe, quel gessato che ha imparato a conoscere anche troppo bene, che ha imparato ad odiare. L’uomo rialza lo sguardo ed i suoi occhi incrociano gli occhiali da sole dell’agente Smith.
“Devo farle i miei complimenti, Mr. Ayala” dice costui “In pochi avrebbero scommesso sulla sua vittoria contro D’Spayre… eppure ormai dovremmo smettere di rimanere stupiti da lei”.
Forse è per il tono sprezzante, forse è per via di tutta la rabbia accumulata in queste ultime settimane, ma Hector Ayala si è stancato di questo tizio. Dunque è come se lanciasse fiammate dagli occhi quando dice:”Voglio delle risposte. Ora!”.
“Risposte? Sì, forse è davvero giunto il tempo che lei le abbia” ribatte pacato Smith.
“Tutte le risposte. Voglio sapere chi siete davvero, quali sono i vostri veri obiettivi… tutto”.
“Allora non deve fare altro che seguirmi”.
Smith si volta ed inizia a camminare, il suo passo è svelto ma Hector non fa fatica a stargli dietro. Tuttavia ad un certo punto l’agente comincia ad andare più veloce. Ayala sta per adeguarsi quando la vetrina di una banca accanto a lui esplode in mille pezzi: per non subire ferite gravi, Hector istintivamente diventa la Tigre Bianca, mentre urla di panico lo circondano. Eppure, in mezzo a tutte quelle grida, una voce risuona chiara.
“Non pensava davvero di potersi guadagnare le risposte in modo così facile?”.
L’eroe vede Smith salire su una scala antincendio, ma non può seguirlo, perché subito dopo i responsabili dell’esplosione di poco fa sono davanti a lui, a mezz’aria su due onde d’acqua che non dovrebbero esistere.
“Mi avevi detto che Miami era un posto tranquillo, Aqueduct, senza supereroi” dice uno di loro.
“Non credo che questo sconosciuto ci darà dei problemi, Water Wizard” risponde un altro “Attacchiamolo e finiamolo”.
“Aspettate” prova a fermarli la Tigre Bianca “Io non ce l’ho con voi. Non voglio combattervi, non mi importa”.
In risposta viene inondato da cascate d’acqua, che gli mozzano il respiro.

New York General Hospital.

Eli Wirtham entra nella stanza dove è stata ricoverata Peggy Sue Lewis. La donna sta dormendo, ma come se avesse sentito l’ingresso del chirurgo in quel momento riapre gli occhi.
“Chi è lei?” chiede l’avvocato.
“Mi chiamo Eli Wirtham e…”.
“Oh sì, mi hanno parlato di lei. Ho sentito che doveva operare Titania. Come è andata?”.
“L’operazione è stata un successo” afferma Wirtham “Quella donna si salverà e, se il bambino ha voglia di vivere, ce la farà anche lui. Purtroppo non posso escludere che le sue funzioni cerebrali ne risultino compromesse”.
“Davvero un’ingiustizia. Deve ancora nascere e già la sua vita sembra segnata. E non sappiamo nemmeno il perché”.
Il chirurgo annuisce. “Le auguro una pronta guarigione”. Sta per uscire dalla stanza, poi ha un ripensamento e torna indietro. “In realtà è un altro il motivo per cui sono qui. Poco prima di essere operata, Titania ha scritto una parola su un biglietto. Ecco, non so se sia collegata alla vicenda di quella persona che lei ha deciso di difendere, Hector Ayala, ma mi sembra giusto farglielo sapere”.
Così consegna il biglietto a Peggy Sue. “Citrusville?” si interroga lei.
“Mi sono permesso di fare un piccolo controllo. Ed ho scoperto che in Florida c’è una città con questo nome, molto vicina alla zona delle paludi. Io ora mi scuso, ma devo proprio andare”.
“La ringrazio, lei non sa quanto mi abbia aiutato” lo saluta Peggy Sue.
Mentre si allontana, Eli Wirtham vede l’avvocato prendere il suo cellulare, sicuramente per approfondire la vicenda. Anche lui vuole fare la stessa cosa: dopo che avrà prestato le ultime cure a Titania, partirà per la Florida. Destinazione Citrusville.

Miami.

L’acqua è tutto intorno a lui, gli impedisce di respirare, mentre Aqueduct e Water Wizard gioiscono per la loro bravata.
“Questo ci farà guadagnare rispetto nel mondo criminale” afferma Peter Van Zante “Uccidere un supereroe ti porta all’attenzione dell’HYDRA”.
“A me basta che quel porco affoghi” dichiara il suo compare.
Sulla scena arrivano improvvisamente dei poliziotti, che estraggono le loro pistole. Ma prima che possano sparare, i due criminali avvolgono anche loro con l’acqua e li soffocano.
Uomini dell’ordine, che hanno famiglie, che hanno bambini. Ne sono morti già troppi per questa assurda vicenda. L’ira cresce in modo imperioso in Hector Ayala ed alla fine esplode. Con un urlo inumano, l’eroe allarga le braccia e l’acqua attorno a lui parte come un getto verso i due criminali, che rimangono vittime del loro stesso elemento. Perdono così la concentrazione necessaria per tenere bloccati anche i poliziotti, che crollano a terra boccheggiando. Ansimanti, ma vivi.
Aqueduct si rialza, ma subito la Tigre Bianca gli è accanto e con un pugno lo manda contro la parete della banca, rompendogli due costole. Non ha trattenuto il colpo, non ha più intenzione di farlo.
“No, ti prego” implora Water Wizard “Mi arrendo, non farmi…”.
L’eroe con un pugno al volto gli rompe il setto nasale e lo manda ko. Poi non rimane lì ad aspettare le urla di acclamazione della gente, se mai ve ne fossero, ma con agili balzi sale la scala antincendio su cui ha visto salire l’Agente Smith. Il tetto porta ad un gruppo di edifici collegati tra loro. La Tigre Bianca li percorre tutti, fino ad arrivare all’ultimo, che si affaccia su un salto che pare senza fondo. Ed è allora che Hector li sente: passi, decisi e misurati. Si volta e vede venire verso di sé l’Agente Smith.
E, per uno di quegli strani giochi della memoria, l’eroe in quel momento ricorda un altro scontro risolutivo avuto su un tetto. Alcuni anni fa, quando la sua vita non era ancora precipitata in una spirale di follia.

CONTINUA...

PROSSIMAMENTE

Un altro flashback